Sono qui a Mysore da due settimane e l’altro ieri ho avuto la sensazione che sia cambiato tutto. In parte, buonanparte questo è dovuto al fatto che la mia permanenza dal 15 di un mese al 15 di quello successivo è un po’ anomala visto che i gruppi del corso di formazione di primo livello iniziano vanno dal primo del mese al 30 e questo significa arrivare in un gruppo di persone che hanno già superato i primi imbarazzi e sono già in confidenza, entrare a farne parte e poi vederli partire e vederne arrivare altre e ricominciare dal “ciao come ti chiami, di dove sei?” . È una cosa molto bella a dire il vero, conoscere tante persone di tante provenienze differenti vederle crescere in un’esperienza che ti trasforma, è un vero privilegio ed è toccante e trasformante a sua volta farne parte, aiutare gli altri e ricevere il loro aiuto.
In parte anche il fatto che RameshJi abbia messo le cose in chiaro l’altro giorno con il piccolo gruppo di tre persone che fa il corso di secondo livello, in queste prime die settimane abbiamo preparato il terreno, praticato e studiato ora in queste due settimane dovrete dare il massimo se volete trarne il massimo, e detto questo ha incominicato a guidare una seconda serie a cannone continunando a spronarci a respirare profondamente in ujiayi, cambiando alcune parti della serie come a dire ” adesso facciamo quella vera” sottili differenze che però rendono il ritmo e la necessità di forza ancora maggiori. Continuo a ripetermi interiormente i miei mantra mentre pratico, mi ripeto che sono fatto di acqua, vuoto ed energia, che sono fortunato ad essere qui e ad avere una famiglia e degli amici che me lo consentono, e che tutta la forza che sto sviluppando qui sarà messa al servizio degli altri, della famiglia, degli amici, degli studenti e di tutto ciò che richiede forza d’animo. Questo è per me Ishvara pranidana , giunto ai quarant’anni trovo interessante sviluppare la propria forza in questa prospettiva, altrimenti non avrei motivazione, imparare movimenti difficili o posizioni faticose per il semplice gusto di dire “ahhh lo so fare” è una prospettiva che non mi farebbe venire voglia di alzarmi alle 4.30 tutti i giorni, oltre a rischiare di farmi sentire uno sfigato, ma questo potrebbe anche dipendere solo dai punti di vista!!
Ma torniamo agli addii, in questi giorni quando sentivo avvicinarsi il momento dei vari saluti, peraltro avvenuti un poco alla volta ogni giorno quindi ripetutamente,sentivo una parte di me iniziare a soffrire. Normalmente avrei semplicemente sofferto il distacco e detto a me stesso ” ecco porca miseria uno entra in contatto con altre persone , le trova fantastiche si avvicina molto a loro e poi siccome vivono a mezzo pianeta di distanza le deve salutare per sempre e amen” ma il guru da cui facciamo meditazione mi aveva dato un compito speciale settimana scorsa, per farla breve mi aveva detto di non smettere mai di meditare, di non farlo solo da seduto con gli occhi chiusi durante le sessioni formali , di continunare tutto il giorno ad osservarmi come si fa in meditazione. Così ho scoperto che c’è uno strato della mia mente che entra in sofferenza in queste situazioni di commiato, e c’è uno strato sotto la pelle che vibra in maniera concomitante a questo strato della mente, come un cane che si agita perchè è triste o nervoso, e allora mi sono accorto che gli altri strati della mente e della pelle erano tranquilli gioiosi pervasi da una sensazione di benedizione per le esperienze condivise ed è stato come avere una famiglia dentro di me, uno dei componenti soffriva e gli altri gli erano intorno a coccolarlo e rasserenarlo col loro amore. È stato bellissimo, paradossalmente , provare quel dolore e quella nostalgia per gli amici che partivano perchè è diventato uno strumento di amore verso me stesso e mi sono reso conto che questo arrivava anche agli altri che mi vedevano sorride sereno, grato e felice augurandogli ogni bene per il futuro. Peraltro immaginare di meditare ininterrottaente era estenuante, farlo non è per nulla stancante, anzi! Sento molto meno bisogno di dormire a quanto pare e non sono mai stanco. Il “cane” ogni tanto si agitava, piangeva chiedeva cibo attenzione e io lo lasciavo fare senza farmi distrurbare dal suo turbamento, consolandolo di tanto in tanto con una carezza o un biscottino.