In questo periodo mi “sta capitando” di dover ASPETTARE. Sono 8 mesi che aspetto, a dire la verità, visto che tra poco arriverà il nostro terzo figlio.
Quando ho scoperto di essere incinta mi sono ripromessa di non cadere di nuovo nel tranello dell’impazienza ma, arrivata alla fine del settimo mese eccomi di nuovo scalpitare e sperare in uno “sconto” per partorire prima e vedere Edoardo.
Ero così presa a calcolare lune piene e scadenze che mi stavo perdendo qualcosa che non tornerà mai più. La mia attenzione era già rivolta al POI, a quando avremmo avuto qui con noi Edoardo, incurante del fatto che lui, in verità, c’è già.
C’è da 8 mesi e giorno per giorno ogni piccolo (o grande ormai) cambiamento del mio corpo me lo testimonia: so dove si trova la sua testolina, i suoi piedini che si muovono e pedalano e le sue manine, che spesso frugano veloci. Conosco i suoi orari e le sue abitudini, i suoi gusti e le sue preferenze.
Tutto questo è la ricompensa dell’AVERE PAZIENZA, del godersi il viaggio e la bellezza del percorso.
Troppo abituata a correre, puntando alla meta finale spesso mi perdo il cammino.
Questo accade macroscopicamente nel percorso dello YOGA, disciplina che di per sé esercita la capacità di attendere, di dare tempo al proprio corpo di adattarsi, di cambiare in funzione della ricompensa finale: il completamento di una asana. Posizioni che di primo acchito possono sembrare impossibili anche solo da tentare, con la pratica e l’esercizio della pazienza e della costanza diventano dapprima abbordabili poi semplici e addirittura soddisfacenti. Sentiamo il nostro corpo e i nostri muscoli sciogliersi e allungarsi piano piano, adattarsi alle nuove esigenze imposte dalla meta che desideriamo raggiungere, ben chiara nella nostra mente come punto d’arrivo di una strada da godere.