Questa sera alla pratica Rameshji è tornato con il ragazzo che farà la chart della sua pratica. Aveva bisogno di fare altre foto per avere i dettagli di alcuni asana da disegnare. Proprio per questo motivo la pratica è più lenta. Mi riprometto, prima di iniziare, di mantenere un atteggiamento yin, cercando di rilassarmi, il più possibile, per quanto possibile. Affronto un asana alla volta, senza pensare a quello che arriverà dopo, respiro dopo respiro, goccia dopo goccia (di sudore). Fino a un certo punto riusciamo a mantenere un certo contegno, sembriamo fin quasi delle persone serie, molto sudate , ma serie. Il ragazzo che fa le foto e prende appunti sembra fare fatica per noi. Rameshji aggiunge di soppiato asana che non hanno mai fatto parte della sequenza e ogni volta glielo facciamo notare. Lui ridacchia sotto i baffi, ma intanto la pratica si allunga. Dopo un ustrasana comparso all’improvviso dal nulla ci fa fare una compensazione bellissima: seduti in ginocchio, con i ougni i adhi mudra appoggiati alla parte bassa della pancia ci fa piegare in avanti fino a portare le fronte a terra. I pugni premono sullo psoas e la sensazione è meravigliosa. Respiro godendomi l’istante e la sua poesia quando all’improvviso sento tuonare: oh, a me con sta cosa me scappa ‘na puzza. È la fina scoppiamo a ridere, no, non è ridere, è molto peggio, anche perchè ci rendiamo conto che Rameshji ormai capisce l’italiano e ride come un matto anche lui. Da lì in poi la pratica si snocciola tra una risata e l’altra. Ormai Rameshji lo sa, quando parte il segnale e cominciamo a ridere lui sa di potersi permettere qualsiasi cosa. Così spara a raffica una serie di inarcamenti e poi una fantasia di addominali  da six pack tonante mentre noi ci sganasciamo dalle risate sotto lo sguardo attonito del ragazzo che fa le foto e prende appunti.  Praticare ridendo è una delle cose più belle che mi sia mai capitata. È liberatorio. Non importa come venga l’asana, importa come ti senti in quel momento, l’istante puro di condivisione e di empatia che si crea mentre le risate rimbombano tra le mura della sala da pratica. In quel momento tutto è possibile.

Arriviamo stremate a savasana, mi giro verso Rameshji e gli chiedo per quante ore abbiamo praticato. Lui ride, poisi alza per andare a casa. Sento la Fra dire: abbiamo praticato così tanto cheadesso arriva Sheethal per la pratica delle 7.30 di mattina. 

Sentiamo bussare la porta, Rameshji apre: oh! Ecco Sheethal per il pranayama!