Questa mattina sveglia alle 4.30. Cariche di mattoncini, coperte, cinghie, asciugamani, palline partiamo alla colta di Edimburgo. Tralascio l’avventura a Maplensa con il nastri trasportatore che si blocca e le hostess che scorrazzano a destra e a manca in tacchi con le valigie da caricare sugli aerei. Atterriamo con 15 minuti di anticipo, che perdiamo subito aspettando i bagagli che non arrivano. Mi assale il dubbio: la valigia con tutta la roba da portare al seminario starà correndo ancora a destrae a manca a Malpensa?!

Ritirati finalmente i bagagli prendiamo il bus che in 30 minuti ci scarica in pieno centro a Edimburgo. Il cielo è limpido, la giornata calda e la città è proprio come la ricordavo: uno spettacolo. Ci inerpichiamo su per le viuzze attorno al Royal Mile per andare a casa, un piccolo appartamento ricavato nei sotterranei di un palazzo di pietra. La sensazione, percorrendo il labirinto di corridoi, è quella di essere a metà tra Downton Abbey e Shining. Lasciate giù le valigie andiamo a caccia di cibo e ci facciamo un bel giro verso il castello. Ogni angolo della città parla, oltre ad essere meraviglioso, mi parla di Harry Potter. I negozi traboccano di gadget di tutti i tipi e salta subito all’occhio da dove la Rowling abbia preso spunto per le sue ambientazioni.

Finalmente arriva il momento del seminario, che si tiene in un museo. Ci presentiamo alla reception per la registrazione. Osservo le persone che arrivano. Saremo una cinquantina. Tutte donne a parte 3 uomini. Noi siamo le più giovani. È la prima volta che accade… di solito è il contrario. La sala è splendida, con il pavimento in parquet, i grossi finestroni che danno sul giardino interno e un lucernario sul soffito dal quale si vedono lenuvole  passare. Ci sistemiamo tirando fuori tutta la nostra attrezzatura. Donna Farhi osserva i partecipanti sgranocchiando una mela e, quando arriva il momento, si sistema sul suo tappetino. Nel silenzio generale un ragazzo traffica con un sacchetto di plastica per un lasso di tempo che tende all’infinito. Il rumore comincia a infastidirmi. Lo guardo, poi il mio sguardo cade su Donna Farhi che lo incenerisce con lo sguardo, mentre lui continua a frusciare indisturbato. Nel frattempo arrivano due ritardatarie che si sistemano con tutta calma, sotto il suo sguardo di fuoco. Finalmente si parte e il suo shiardo cambia completamente. Il tono di voce e calmo e rilassante, ma sicuro, mentre ci spiega come, durante questo training di 5 giorni ci chiede di essere i primi vigili di noi stessi e del nostro corpo nella pratica. Ci chiede di dimenticare posizioni perfette, allineamenti da raggiungere e di permettere al nostro corpo di arrivare dove può e di modificare le posizioni come preferiamo. Mi piace già. 

Entriamo nel vivo e partiamo con un mantra. Ammetto che i mantra mi mettono sempre un certo disagio. Nella maggior parte dei casi li trovo cantilelanti e lamentosi, per cui non li amo in particolar modo, ma lei è meravigliosa. Una voce bellissima e un modo di intonarli in modo comoletamente diverso e assolutamente piacevole, con tanto di traduzione poetica. Ci parla di rajas, sattva e tamas e ci invita a riconoscerci in uno di questi. Rifletto e, nonostante la maggior parte delle persone considerino tamas come il guna più negativo, concludo di essere decisamente una persona tamasica obbligata a piegarsi a rajas solo per sfortunate coincidenze della vita. Mentre rifletto su come passerei la mia vita se rispondessi realmente alla mia vera natura di marmotta, D.F. ci invita a sdraiarci dopo aver sistemato sul tappetino le tre coperte e ad ascoltare il battito del nostro cuore. Il suono del nostro cuore. Chiudo gli occhi, onestamente un po’ scettica sulla possibilità di sentire il mio cuire stando semplicemente sdraiata. Da sotto la felpa comincio a sentire un suono ritmico regolare. Tum tum tum. Il suono si incarna e di venta movimento. Un movimento che posso percepire sotto la pelle sul torace, la braccia, le guance. Lo ascolto mentre il respiro rallenta. Lei parla, ma io ormai l’ho persa, la sento lontana, ma il suono del mio cuore è così forte da permettermi di sentire solo una parola ogni tanto. Poi il suono comincia a diminuire. D. F. Ci invita ad assecondare il nostro corpo e a fare quello che desidera: stare sdraiato, alzarsi, muoversi nella stanza. Osservo per un attimo i miei desideri. Lo stato di benessere è così profondo che non ci oesno proprio ad alzarmi o muovermi. Sono completamente liquefatta sulla coperte. Come sono piacevolmente tamasica. Penso che  se mi dovessi reincarnare mi piacerebbe farlo in un gatto domestico. Apro un occhio e osservo il soffitto con il suo lucernario. Le nuvole stanno prendendo il sopravvento sul blu del cielo. Passa un gabbiano. Chiudo ancora gli occhi. Li riapro. Un a,teo gabbiano, o forse è lo stesso. Li richiuedo per un tempo indefinibile e quando li riapro nuvoloni grigi carichi di pioggia hanno oscurato anche l’ultimo angolo di blu. È tempo di tirarsi su. Per oggi abbiamo finito. A domani!