Ieri sera abbiamo fatto la prima pratica. Eravamo tutte stanche; il viaggio di giorno, per me, è molto più pesante di quello notturno. L’ultimo tratto in macchina (4 ore) ti sfinisce e quando arrivi è giorno e alla fine non dormi. Quando mi trovo in questo stato da deprivazione del sonno la mia testa comincia a viaggiare in posti strani e a funzionare in modo strano, diverso dal solito. Così mi trovo ad andare in giro e pensare a come fosse piaciuto a Max un certo posto o a quello che mi ha detto mentre guardavamo un certo vestito. Poi mi rendo conto che Max e io, qui, non ci siamo mai venuti insieme. Eppure ogni luogo mi sembra condiviso con lui, nel passato come nel presente.

Questa mattina , e ogni mattina da ora in poi, la pratica è iniziata alle 7.30. Rispetto all’anno scorso una botta di pigrizia (iniziavamo alle 6). La prima ora è dedicata a pranayama. Fare pranayama con Sheetal è sempre bellissimo per me, tanto che alla fine della pratica mi sembrano passati dieci minuti e invece abbiamo sforato, perchè di minuti ne sono passati ben 90! Nuove tecniche che non conscevo, alcune conferme a dubbi che avevo e ai quali avevo provato a dare io, attraverso la mia pratica, una risposta. Ci rimane solo mezz’ora per filosofia, pazienza. Anche in quella mezz’ora riesco a trovare una risposta per me importantissima.
La pratica di asana con Rameshji è, per me, un vero inferno oggi. La mia mente mi tende trappole e dispetti e io continuo a caderci. Inizio pensando che oggi sono troppo rigida e cerco subito di avere ragione con me stessa scendendo in uttanasana come fossi Pinocchio. Andiamo avanti coi saluti al sole di riscaldamento e mi si parano davanti, tutti insieme, gli asana che dovremo fare. Cerco di rimuivere il pensiero. Ancora peggio. Sotto i miei piedi il tappetino scivola sul pavimento liscio della sala dove stiamo praticando. Quando entro in trikonasana mi sembra di essere Alì Babà e nel giro di poco raggiungo Stefania, deambulando col tappeto che si è trasformato da tappeto per lo yoga a tappeto volante. Faccio un bel respiro e riporto indietro il tappetino, ma alla prima torsione a terra mi ritrovo impacchettata nel tappetino come un regalo di Natale. Sbuffo, Rameshji mi guarda e ride. Non è giornata per me, ma una cosa mi è ben presente, ancora più di prima: mente e corpo viaggiano insieme, se la mente vacilla, il corpo vacilla.
Durant la pratica di questa sera userò un altro tappetino, che ho preso qui a Mysore. Molto indiano, è così sgargiante che per poter praticare ho bisogno di un paio di occhiali da sole. Vediamo se la mente rimarrà soddisfatta e smetterà di farmi dispetti.