Oggi è stata una giornata interlocutoria. Non siamo riusciti a rispettare un programma che fosse uno. La lezione di pranayama che doveva iniziare alle 7.30 è partita alle 8. Abbiamo saltato filosofia (che recuperemo domani in viaggio con Sheethal) e la pratica con Rameshji è stata costellata da interruzioni di varia natura. Ci abbiamo impiegato mezz’ora a stabilire minuziosamente il programma dei prossimi giorni, programma che però non conosciamo. So che può suonare strano, ma chi è stato in India può capire il senso di queste mie parole. Ho avuto il privilegio di poter partecipare a una discussione in Kannada (la lingua di questa zona) tra Rameshji e Sheethal. Tra una parola sconosciuta e l’altra ogni tanto ne compariva una in inglese. Ho cercato di ricostruire come un puzzle quello che dovremo fare in questi giorni. So per certo che andremo al villaggio dello zio di Rameshji e vedremo dei templi, ma dallo sguardo terrorizzato di Sheethal mi sembra di capire che il programma sia così fitto che ha bisogno di essere sfoltito un po’ se vogliamo sopravvivere. 
Finito lo scambio di idee Rameshji mi guarda, sorride: verrà con voi Sheethal, so che siete contente perchè vi sentirete più libere e tra di voi vi divertite. Sheethal ride di sottecchi. 

Cominciamo a praticare. Una stanza di pinocchi, Collodi ne sarebbe commosso. Ci chiede su cosa vogliamo lavorare e ognuno spara il proprio ultimo argomento. Siamo decisamente stanche, anche lui è stanco, ma il sorriso non manca mai. L’om finale è carico di commozione, qualcuno piange.

Uno yogi non piange, uno yogi cerca l’equilibrio tra il bello e il brutto, tra la felicità e la disperazione. Abbiamo due narici, due canali, surya e chandra, uno caldo e l’altro freddo. Quando abbiamo troppo squilibrio verso il caldo usiamo il freddo per riportare equilibrio e viceversa. Se non fosse così avremmo uno narice sola.

Guardo Rameshji con gli occhi che brillano mentre dice queste cose, con un sorriso quasi fanciullesco in volto, ma mi maledico subito perchè mi compare davanti la mia faccia con un enorme mononarice al centro.

Rameshji nel frattempo si è alzato e ci saluta: ci vediamo domani mattina. Facciamo la colazione tutti insieme al “ristorante”. Passo a prendervi alle 8, che nella mia mente vuol già dire 8.30. Ride e va via.

Momen o coccola, andiamo a prenderci il nostro chai quotidiano prima di preparare le valigie. Il momento della pesa è solenne, la paura di aver sforato è così grande che per l’ansia metto in allarme la fra: Hai già raggiunto i 35 kg! Panico! La valigia è mezza vuota, non si capisce bene come sia possibile. Inizia un togli e metti di indumenti e ammennicoli vari per capire cosa sia che pesa così tanto finchè non arriva Alessandra a farci notare che invece dei kg stiamo (in realtà sto) leggendo le libre. Panico rientrato. Abbiamo ancora dei kg da ballarci in questi giorni.

Nonostante la vacanza non sia ancora finita e in realtà manchi un pezzo, corto ma importante, oggi è una giornata di commiato. Ultima pratica, domani mattina ultimo saluto a Rameshji e a Mysore, stasera cena fuori per festeggiare e ultima notte in uno dei letti più scomodi in cui io abbia mai dormito, con il cuscino più duro del mondo e la doccia più assurda che abbia mai visto. Ma l’India è così. Estrema. Tutto è uguale e nello stesso tempo diverso da sè stesso, tanto che, per esempio, al ristorante i camerieri passano interi minuti odorando e mescolando il cibo  per studiare le ciotole e capire cosa diamine ci sia dentro. Puoi andare in 9 su un tuk tuk, ma se beccano una persona seduta davanti a fianco al guidatore sono guai. Per attraversare la strada, se aspetti che qualcuno si fermi quando sei sulle strisce rischi di diventare vecchio, ma se passi inmezzo alla strada don aria risoluta, in qualsiasi punto, su qualsiasi strada, anche in autostrada, nessuno fa una piega, anzi, si scansano come se tutto fosse normale. Le regole di questo posto sfuggono agli occidentali ed è proprio questa la cosa più destabilizzante di primo acchito e rassicurante poi. Occorre lasciare i propri filtri e soprattutto le proprie aspettative a casa quando si intraprende un viaggio del genere. Nessun profumo di incenso e invitanti mantra ad accoglierti, ma effluvi speziati di varia natura e clacson.

Nei prossimi giorni non sono sicura di potermi connettere, saremo in un villaggio rurale in mezzo alla foresta. Non penso ci sia il wi-fi, ma proprio per tutto quello che ho appena scritto probabilmente avremo la fibre. Namaste.