trikonasana

 

Un tempo Renato Zero cantava

il triangolo no, non l’avevo considerato…

Beh lui parlava di un altro tipo di triangolo ma devo ammettere che nella mia pratica il triangolo, ovvero Trikonasana, non ha mai avuto un ruolo di spicco.

Trikonasana fa parte di quegli asana considerati facili da eseguire perché può essere affrontato da tutti. Certamente entrare in Bakasana è decisamente più impegnativo e richiede abilità che non tutti hanno, senza allenamento, su cui è necessario lavorare. Ma la questione è un’altra. Esiste Trikonasana e Trikonasana. Propri per la sua semplicità di esecuzione mi è capitato di vedere triangoli di tutti i tipi e le fogge nei miei anni di pratica. Equilateri, scaleni isosceli…

Mentre eseguire una posizione particolarmente impegnativa richiede tutta la nostra concentrazione, entrare in Trikonasana, apparentemente, non richiede, a un corpo un minimo elastico, grossi sforzi. Apriamo le braccia, scendiamo di lato e cerchiamo di raggiungere il pavimento con la mano, girando il viso verso l’altra. Facile no?

No. Eseguire Trikonasana è molto di più. Trikonasana parla di sentire il proprio corpo stabile e allineato, le proprie anche aprirsi, spesso con un sonoro schiocco, le braccia allungarsi. Da un po’ di tempo mi trovo a convivere con un infortunio alla spalla sinistra. Me lo sono procurato circa un anno fa, cadendo in maniera stupida da un Salamba Sirsasana sperimentando nuove posizioni con le mani. Al primo momento non ho dato molto peso al dolore ma questo non è più passato. Anzi. In questo periodo è peggiorato limitando la mia pratica. Sperimentando e parlando con Caterina, la mia magica e mitica amica scrocchiatrice di corpi dolenti, ho notato che la mia spalla sta meglio quando le mie anche si aprono. E così son diventata una fan sfegatata di Trikonasana prima e Parsvakonasana poi.

Amo portare l’attenzione alle mie anche mentre scendo con le braccia aperte, allungandomi prima verso l’alto e poi di lato per creare spazio e far schioccare l’articolazione. Quando mi sento stabile, con la mano appoggiata alla gamba espirando scendo più in profondità raggiungendo con pollice, indice e medio l’alluce. Quest’ultimo tira verso il basso, la dita si aggrappano e il mio corpo si allunga. Una nuova esperienza, un nuovo modo di vivere Trikonasana che mi rimette a posto dentro e fuori.

Lavorare su un asana così “semplice” da eseguire permette di raggiungere il vero pratihara. E’ facile non pensare ad altro e concentrarsi su quello che si sta facendo mentre si lotta con un Pincha Mayurasana. Ma farlo mentre si fa Trikonasana da ancora più soddisfazione e consapevolezza. E mi viene in mente questa frase che ho trovato navigando:

lo yoga non è toccarsi la punta dei piedi ma quello che impari mentre cerchi di farlo