Heart

Dietro a ogni nostra azione c’è sempre una intenzione che la guida. Può essere una buona intenzione o una cattiva intenzione, ma c’è. Anche nella pratica Yoga esiste una intenzione che la muove. Si chiama sankalpa e in genere si esprime prima di iniziare a praticare. Non è una pratica molto diffusa, ma esplicitare a se stessi il proprio sankalpa cambia la qualità della nostra pratica. Le da un nuovo valore, una sfumatura diversa. Affrontare la stessa posizione cambiando sankalpa dona a quel asana una nuova prospettiva alla quale, magari, non abbiamo mai guardato. Praticando può capitare di imbattersi in una posizione particolarmente ostica e scomoda che metta alla prova la nostra capacità di resistenza. Se il nostro scopo è limitato al fare quella determinata posizione, la nostra pratica sarà un semplice esercizio ginnico; ma, nel contesto più ampio dello yoga e dei suoi otto rami, lavorare su quel asana può significare lavorare sulla stabilità della propria mente (dharana), sull’accettazione dei propri limiti (santosha), sulla propria capacità di concentrarsi su quello che si sta facendo (pratyhara).

Nella pratica Yoga conta meno quello che facciamo rispetto a come e perché lo facciamo. 

E non ha importanza se il nostro sankalpa sia grandioso. Ha importanza che sia sincero. Per quanto piccolo e personale, il nostro sankalpa, anche se non esplicitato agli altri, potrà essere di ispirazione per chi ci osserva.

Provate a pensare a due persone che praticano. Nella stessa classe. “A” prova, non riesce, cade, si rialza, ci riprova, ricomincia. Pratica con intensità, concentrato, col sorriso, pronto a condividere con il vicino le proprie difficoltà e i propri successi. “B” prova, non ci riesce, si arrabbia, comincia a protestare mentre ci riprova, molla, poi riprende, ci riesce e guarda con aria superiore, per il proprio successo, il vicino che non è riuscito.

Con chi vorreste praticare? Ma soprattutto, chi vorreste essere dei due? E chi credete che avrà stimolato sentimenti di condivisione, leggerezza e unità negli altri?

E’ l’azione, non il frutto dell’azione, ciò che è importante. Devi fare la cosa giusta. Potrà non essere in tuo potere; potrà non avvenire nella tua epoca, che vi sia qualche frutto. Ma questo non significa che tu debba smettere di fare la cosa giusta. Potrai non sapere mai quali risultati derivano dalla tua azione. Ma se non fai niente, non vi sarà alcun risultato.

Gandhi