Oggi è festa qui. Oggi e domani. Non abbiamo ben capito cosa si festeggi, ma c’è aria di festa. Questa notte siamo stati svegliati da un incidente. I cani per strada sono andati avanti a ululare per un’ora. È incredibile come di giorno riescano ad andare in giro senza sfiorarsi andando come pazzi, facendo lo slalom anche in contromano mentre di notte, con le strade deserte, siano riusciti a beccarsi gli unici due in giro per il viale. 

Il risveglio è come uno schiaffo. Prima di uscire controllo i messaggi, per vedere se Max mi ha scritto e do uno sguardo veloce a Facebook. Cominciano a girare i post sulla tragedia di Nizza.

Usciti di casa la via è deserta. È vero che sono le 6 ma disolito c’è parecchio viavai già a quell’ora. Facciamo la nostra pratica di Pranayama con Shita, la nostra insegnante di Pranayama e filosofia indiana. È una ragazza giovane, di una dolcezza e di una semplicità incredibili. L’ora di Pranayama con lei vola letteralmente. Con poche parole ci spiega la tecnica, la facciamo. La mente comincia a liberarsi, l’angoscia si dirada un po’ alla volta e riesco a ritornare. E proprio alla fine della lezione ho potuto sperimentare una sensazione che ogni tanto provo e che mi fa stare bene. Al termine di Bhastrika non ho sentito il bisogno di respirare e sono rimasta in ascolto. Ero come sospesa, senza bisogni, senza necessità, tranquilla. Osservavo semplicemente lo stato di pace in cui mi trovavo in quel momento. In quel momento ho capito davvero cosa si intenda quando si dice che il desiderio di qualcosa rende infelici. Essere in pace e non aver bisogno di nulla è davvero uno stato di grazia e di felicità.

Terminata anche l’ora di filosofia, durante la quale abbiamo parlato di Yama, Shiva e, guarda caso, dei suoi due aspetti, quello fisico e materiale e quello spirituale e ascetico, siamo tornati alla shala per la nostra pratica mattutina. Rameshiji ha rallentato, come gli avevamo chiesto, dimostrandoci come sia meglio seguire il suo ritmo, invece che indugiare per quello che sembra un’eternità abbarbicati con le ginocchia sui gomiti o con un alluce infilato in un orecchio. Prometto d’ora in poi di fidarmi sempre di lui. Alla fine della pratica, invece di scappare alla volta di altre lezioni, il maestro rimane lì. Sparisce un attimo per comparire tutto elegante, in camicia bianca e telo con profilo dorato. Ci annuncia che oggi e domani è festa (non ho capito per cosa) e ci propone una gita per domani dopo la pratica. Ovviamente accettiamo al volo. 

Decidiamo di passare il pomeriggio in casa a riposare un po’ per recuperare, ma non prima di aver fatto un salto al supermercato dietro casa dove abbiamo visto dei leggings in offerta. Ne usciamo cariche di qualsiasi cosa indossabile (io alla fine i leggings non li ho presi, ma ho preso tutto il resto). Andare in giro per strada qui a Mysore è un’esperienza veramente unica. Oltre ai clacson che impazzano e ai mezzi più incredibili che sfrecciano a caso, c’è una cosa che io trovo veramente incredibile: la retromarcia. Ogni volta che un mezzo, che sia un furgone o una macchina, parte una specie di fanfara, un concerto polifonico che smette solo quando l’autista ingrana la prima. 

La pratica serale è dedicata agli adjustment. ramesh ci chiede su cosa ognuno di noi voglia lavorare. Propongo Eka Pada Rajakapotasana, il piccione, e in men che non si dica mi ritrovo arrotolata da cinghie, sistemata su un soppalco di mattoncini con Wlater e Francesca che armeggiano con le mie braccia e le mie gambe. 1 ora dopo riesco a tornare seduta sul mio tappetino. Mi sento come un pretzel. Nel frattempo il piccione mi ha fatto la cacca in testa. Prima di andare via Ramesh ci chiede se vogliamo restare per assistere alla pooja per Ganesh. Sarà una cosa veloce e semplice, prima di andare a mangiare. Ovviamente accettiamo con piacere e lui comincia a ondeggiare la testa in segno di apprezzamento. Si riveste elegante comincia a preparare bananine, cocco, dolcetti e riso soffiato su un altare improvvisato. Comincia il rituale. Mi affascina vedere i movimenti perfetti che compie mentre ruota l’incesno acceso davanti a Ganesh, Patanjali e il suo guru. Sbita e un ragazzo che scopriamo poi essere il figlio passano con il riso soffiato e i dolcetti. Ne prendiamo una manciata e ci guardiamo. Cosa bisogna fare? Gli Andrea cominciano a mangiare, li guardiamo con aria un po’ sdegnata: ma cosa fate?! Mica siamo a un aperitivo! Sarà un offerta! Nello stesso istante vediamo il maestro sgranocchiare il riso soffiato sorridendo. Ok… È un aperipooja. Ce ne torniamo a casa, tutti intorno al nostra tavolone a mangiare il chapati che ci ha fatto Suma, pensando alla gita che ci aspetta domani.