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Giovedì è iniziato ufficialmente il mio nuovo corso di Yoga, una serie di sequenza dinamiche, ciascuna dedicata a un asana e al mito ad esso legato.
Abbiamo cominciato con i tre virabhadrasana e il racconto della nascita di questo guerriero dalla furia di Shiva.
Sa questo racconto è partita una riflessione sull’attaccamento e sulla differenza tra amore e attaccamento.
L’ira, davvero funesta, di Shiva è stata provocata da una serie di eventi.
Shiva e Sati sono fidanzati contro il volere di re Daksha, il padre di Sati. Dopo il loro matrimonio il re, per ripicca, organizza una festa senza invitare Shiva. Sati ne è così addolorata e ferita che, nel bel mezzo della festa, comincia a bruciare e in poco tempo finisce in cenere davanti allo sguardo impotente del padre. Shiva, disperato per la perdita della sua amata e furibondo col padre che reputa direttamente responsabile, crea un terribile guerriero, Virabhadra, e lo manda alla festa per vendicare la morte di Sati uccidendo Daksha.
Entrambi, Shiva e Daksha, agiscono per amore, pensando di sapere cosa sia meglio per l’oggetto del loro amore, Sati. Daksha pensa che la figlia non possa essere felice con Shiva e antepone il proprio giudizio e le proprie aspettative ai sentimenti della figlia. Poco importano i sentimenti di Sati.
Shiva, per vendicare la morte di Sati, ammazza Daksha, senza pensare ai sentimenti di Sati ( ricordiamoci che gli dei induisti si reincarnano e la perdita del corpo fisico non significa morte del resto). Shiva agisce per assecondare un proprio bisogno personale.
Non è semplice agire con compassione, nel senso di partecipare e sentire quello che provano gli altri.
Il sutra numero 33 recita

Per mantenere un elevato stato della mente sii felice per quelli che sono felici, coltiva compassione per quelli che sono tristi, prova piacere per coloro che sono destinati a essere fortunati e sii indifferente nei confronti di chi sente sfortunato

L’attaccamento ( alle cose, alle persone, ai sentimenti, a se stessi) genera spesso cattivi sentimenti. In nome dell’amore vengono spesso compiuti atti “violenti” ( e non si tratta solo di violenza fisica, ma anche di violenza verbale o psicologica) sulle altre persone alle quali si è convinti di fare del bene, imponendo il proprio personale modello di bene e giusto. Ma non è amore. È attaccamento. Attaccamento alle proprie convinzioni, al proprio modo di vivere e vedere le cose.
Non è semplice agire in modo disinteressato ed equanime, senza intervenire con i propri schemi mentali.
Non è facile, per nulla facile, spogliarsi delle proprie convinzioni e ragioni per cercare di vedere con sguardo equanime e leggero.
Non è semplice essere un guerriero, specialmente se si è in costante lotta contro una mente reattiva.

Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.
I. Calvino